Intorno al caso di una sentenza di Cassazione “inventata” dalla AI

Una causa, piuttosto ordinaria, riguardante la vendita di merce contraffatta ha offerto uno spunto interessante in tema di utilizzo della AI nell’ambito legale. Ma cosa era successo?

La collaboratrice dello studio che aveva redatto l’atto introduttivo aveva effettuato la ricerca giurisprudenziale mediante un chatbox e non si era accorta che la sentenza citata dal sistema informatico era il frutto di una c.d. “allucinazione. La controparte aveva chiesto l’applicazione dell’articolo 96 c.p.c. che sanziona con il risarcimento del danno la parte che resiste in giudizio con mala fede o colpa grave, affermando che la falsa sentenza aveva avuto l’intento di influenzare la decisione del collegio.

il giudice riaffermando che la norma ha la finalità di disincentivare comportamenti strumentali scorretti, ha rigettato la domanda di risarcimento perché la sentenza si era limitata solo “a rafforzare un apparato difensivo già noto”, con l’ordinanza 14 marzo 2025 del Tribunale di Firenze, che rappresenta la prima presa di posizione su un problema derivante dall’uso della AI in ambito processuale, in particolare sul tema, abbastanza scottante per chiunque si sia trovato a effettuare ricerche giurisprudenziali su ChatGPT, delle citazioni errate di sentenze.

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