La clausola di prelazione nei contratti pubblici: trasparenza o distorsione della concorrenza?

Immaginate di vincere una gara pubblica solo per scoprire, poco dopo, che l’aggiudicazione definitiva viene sottratta per effetto di una clausola normativa che permette al proponente iniziale di pareggiare la vostra offerta e prendersi il contratto. È quello che è successo nel caso di Urban Vision S.p.A., che ha sfidato la prelazione prevista dall’articolo 183, comma 15, del D. Lgs. 50/2016, aprendo un dibattito giuridico ora in attesa di una risposta dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Ordinanza n. 9449 del 25 novembre 2024

Il raggruppamento temporaneo formato da A&C Network S.r.l. e Vox Communication S.r.l. (di seguito RTI PROMOTORE) aveva proposto al comune di Milano la costruzione, fornitura, posa in opera, gestione e manutenzione di 110 servizi igienici pubblici automatizzati che al termine del collaudo sarebbero passati in proprietà del comune stesso. In cambio il RTI PROMOTORE otteneva lo sfruttamento commerciale, per 18 anni, di 97 impianti pubblicitari.

Ai sensi dell’’articolo 183, comma 15, del D.Lgs. 50/2016, quando un promotore presenta una proposta ritenuta di pubblico interesse, l’amministrazione deve sottoporla a gara pubblica e il promotore mantiene un diritto di prelazione, ossia la possibilità di adeguare la propria offerta a quella del miglior offerente e ottenere l’aggiudicazione alle stesse condizioni, ma solo dopo che la gara abbia avuto luogo. In questo modo si garantisce l’interesse dell’amministrazione che può confrontare la proposta iniziale presentata dal proponente con altre eventualmente più vantaggiose, ma anche il rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità e concorrenza, perché la gara pubblica permette ad altri operatori di presentare offerte migliorative.

La gara pubblica è stata vinta da Urban Vision S.p.A. (di seguito RICORRENTE) e non dal RTI PROMOTORE, che a allora esercitato il diritto di prelazione, adeguando la sua offerta alle condizioni migliorative proposte del RICORRENTE, ottenendo così l’affidamento definitivo del progetto. Questa dinamica ha portato la RICORRENTE a impugnare la procedura davanti al TAR, e successivamente al Consiglio di Stato, contestando la validità della prelazione.

La RICORRENTE ha sostenuto che la clausola di prelazione prevista dall’articolo 183, comma 15 del D.Lgs. 50/2016, la quale permette al promotore di un’iniziativa di adeguare la propria offerta a quella migliore e ottenere l’aggiudicazione, viola il diritto dell’Unione Europea, in particolare i principi di parità di trattamento, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi e il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea questa valutazione che tocca un tema molto delicato del diritto dei contratti pubblici, vale a il bilanciamento tra incentivazione delle iniziative private e tutela della concorrenza.

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